Emanata una storica sentenza che mette in discussione l’impianto delle incompatibilità per i medici in formazione specifica di medicina.

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Il Dipartimento di Medicina Generale dell’Associazione Italiana Giovani Medici (SIMeG) guarda con interesse alle implicazioni della recente Sentenza emanata dalla Corte dei Conti della Sezione Giurisdizionale della Regione Lombardia, che ha assolto quattro borsisti del corso di formazione in medicina generale, chiamati in giudizio dalla Procura Regionale con l’accusa di aver “percepito indebitamente contributi pubblici (borsa di studio)…. pur svolgendo, durante l’espletamento del corso di formazione, attività lavorative remunerate da terzi e ciò in palese violazione del principio di incompatibilità”. Per i medici chiamati in giudizio, difesi dai legali dello SNAMI Lombardia, era stata avanzata la richiesta di restituire allo Stato ben oltre 34.000 euro.

Tra le ragioni dell’assoluzione, la Corte dei Conti sottolinea come la legge preveda per i borsisti del corso di formazione specifica “un’adeguata remunerazione” e come ciò non implichi necessariamente che tale remunerazione (la borsa di studio) debba essere l’unica fonte di remunerazione per i corsisti.

Il SIMeG ritiene che con questa sentenza la Corte dei Conti abbia ulteriormente ribadito la palese ingiustizia alla quale sono costretti a sottostare i corsisti del corso di formazione specifica in medicina generale. I corsisti, infatti, pur ricevendo una borsa di studio che, al netto delle tassazioni, si aggira intorno alle 800 euro mensili, continuano ad oggi ad essere limitati dal cosiddetto “principio di incompatibilità” nello svolgimento di attività professionali utili ad implementare il loro reddito, peraltro non sufficiente a garantire il sostentamento del medico in formazione, tanto meno delle rispettive famiglie. Ne consegue che, specie nelle Regioni in cui non vi è carenza di medici per le attività extra borse consentite (previste dall’art. 19, comma 11, L.n. 448/2001), i corsisti che non possono contare sul sostegno economico di terzi siano costretti a svolgere attività cosiddette incompatibili o, in alternativa, a rinunciare alla formazione specifica in medicina generale.

Se, da una parte, questa sentenza senza dubbio segna una vittoria storica per tutti i corsisti, costituendo una primo importante tassello di giurisprudenza favorevole, dall’altra, si tiene a ricordare come tale pronunciamento non implichi sic et simpliciter il superamento dell’annoso problema delle incompatibilità. Infatti, riferendosi la sentenza in questione a medici che hanno già conseguito il titolo di formazione specifica, la Corte proscioglie gli accusati dalla sola pretesa risarcitoria avanzata dalla Procura. Va ricordato, pertanto, che permane il potenziale rischio di risoluzione della borsa di studio per il medico iscritto al corso, nel caso di accertata incompatibilità, come da decreto ministeriale 7 Marzo 2006.

In conclusione, ad avviso dell’Associazione Italiana Giovani Medici, l’unico modo per conferire adeguati riconoscimenti sia in termini di diritti fondamentali che di remunerazione ai medici in formazione di medicina generale, sarebbe quello di adottare un contratto di formazione al pari dei colleghi specializzandi universitari ovvero di trasformare il corso triennale in una vera e propria Scuola di Specializzazione, così come è già in molti altri Paesi Europei. A questo proposito il SIGM è stato il principale promotore del recepimento nella Legge Balduzzi (Legge 189/2012) di un emendamento che si prefigge di individuare le attività professionalizzanti retribuite per il medico iscritto al corso di formazione specifica di medicina generale. In attesa che tale possibilità possa trovare concretizzazione nel prossimo Patto per la Salute, il SIMeG tiene a sottolineare, ancora una volta, la necessità di provvedere ad una rivisitazione radicale del corso di formazione specifica in medicina generale.

 

Il Dipartimento di Medicina Generale dell’Associazione Italiana Giovani Medici (SIMeG)

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