Si continua a discutere in merito al Ddl 2400 “Disposizioni relative alla corresponsione di borse di studio ai medici specializzandi ammessi alle scuole di specializzazione dal 1978, specializzati negli anni dal 1982 al 1992, e all’estensione dei benefici normativi ai medici specializzandi ammessi alle scuole di specializzazione universitarie negli anni dal 1993 al 2006” come dimostrano le recenti parole del Sottosegretario alla Salute On. Davide Faraone. Con tale Ddl (ndr. in questo momento ancora fermo alla Commissione Bilancio del Senato dopo una serie di rallentamenti) verrebbe riconosciuto il diritto a medici, alcuni specializzatisi anche 35 anni fa, alla corresponsione della borsa di studio, un tempo non erogata in contrasto con le direttive europee in vigore. La nostra Associazione riconosce come tale percorso sia perfettamente legale e come la sua eventuale approvazione renderebbe giustizia di un diritto violato di molti colleghi ex specializzandi, riconosciuto già da innumerevoli sentenze e che, senza una specifica negoziazione, rischia di aprire un contenzioso tra Stato e professionisti quantificabile, secondo alcuni, in oltre 4 miliardi di euro.
Aldilà del destino di questo provvedimento normativo, non possiamo esimerci da una triste considerazione di carattere politico e sociale, alla luce della condizione di migliaia di giovani colleghi che si vedono negare la possibilità di accedere ad una formazione post laurea a causa della mancanza dei fondi necessari all’erogazioni dei contratti di formazione: in questo Paese il concetto di stewardship è completamente assente e i diritti delle giovani generazioni sono sempre sacrificabili di fronte ai diritti di quelli delle generazioni precedenti. Se è vero, infatti, che gli specializzandi degli anni 82-92 non ricevevano compenso per il loro percorso formativo, è tuttavia vero che sia le condizioni formative sia il mercato del lavoro fosse molto differente rispetto ad oggi. I vincoli imposti dalle scuole di formazione erano inferiori agli attuali e le regole del tempo consentivano spesso agli specializzandi la possibilità di lavorare.
Va inoltre detto che questi colleghi sono entrati a lavorare in una sanità i cui vincoli di spesa erano molto meno rigidi degli attuali, con ritmi di lavoro meno logoranti e condizioni di lavoro ben diverse dal precariato in cui sono costretti a lavorare gli attuali giovani medici. Se è vero quindi che gli ex specializzandi non hanno visto riconosciuto il diritto alla borsa di studio al pari degli attuali specializzandi, non si può dire che tali svantaggi non siano stati compensati da altre condizioni oggi non più presenti, condizioni di cui hanno potuto giovarsi in virtù del generale lassismo nella gestione pubblica degli anni ’80 il cui costo è stato di fatto trasferito alle nuove generazioni sotto forma di uno schiacciante debito pubblico.
Il Ddl 2400 andrebbe indubbiamente a ripianare un’ingiustizia, ma non possiamo non chiederci perché questo Paese non riesca a vedere i danni che sta causando con le proprie decisioni nei confronti del suo stesso prossimo futuro, vista l’ingiustizia che oggi subiscono le nuove generazioni di medici. Per quest’ultime non si riescono a stanziare i fondi necessari all’incremento del numero di borse di studio e contratti, rispettivamente riferiti alle scuole di formazione specifica in medicina generale e alle scuole di specializzazione, nonostante i numeri indichino chiaramente un’imminente necessità di medici specialisti e generalisti. Ai giovani medici di oggi, costretti sempre più a centellinarsi le poche risorse disponibili, a emigrare all’estero o a assecondare ritmi e condizioni di lavoro massacranti, retribuzioni e diritti più incerti, a loro nessun tribunale riconoscerà il diritto di godere delle condizioni lavorative dei loro predecessori.
Nessuno riconoscerà loro l’ingiustizia di vivere in un Paese perennemente frenato da un enorme debito pubblico che non hanno generato bensì ereditato, anche a cause delle condizioni favorevoli di ieri e oggi non più sostenibili, di cui hanno goduto i loro predecessori.
Ben vengano allora il Ddl 2400 o altre iniziative similari volte a trovare soluzione politica a una situazione quanto mai incerta, oggi lasciata in mano ai singoli tribunali, ma trovare i fondi per versare decine di migliaia di euro nelle tasche di medici ormai in carriera e non trovare i fondi per finanziare la formazione post-lauream dei giovani medici di oggi o per stabilizzarne le condizioni di lavoro, ci sembrerebbe assurdo e dimostrerebbe come questo Paese sappia tutelare sempre e solo chi già è tutelato.
Crediamo che molti giovani professionisti, anche al di fuori del mondo sanitario, possano ben comprendere queste nostre parole. Auspichiamo inizi a farlo quanto prima anche la politica.