- Non si può fare a meno di sottolineare il fatto che le giovani generazioni di medici (al pari delle altre professioni) non potranno godere alla fine del proprio percorso lavorativo di una pensione degna di tale nome: infatti, l’ingresso del sistema contributivo ed i coefficienti di conversione attuali non consentano in prospettiva di maturare neanche dopo 40 anni di servizio una pensione tale da poter garantire la “sopravvivenza”. In sintesi, attraverso la contribuzione previdenziale i giovani sostengono e garantiscono, senza un corrispettivo ritorno, le pensioni delle generazioni precedenti, dovendo guardare ad onerose forme di pensioni complementari o integrative. E, se ciò non bastasse, qualche sindacato pretenderebbe addirittura di far gravare ulteriormente sulle spalle dei giovani, oltre a quanto prima richiamato, anche il peso dei mancati versamenti della pubblica amministrazione nelle casse previdenziali del pubblico impiego; ci si riferisce al “buco” miliardario ereditato dall’INPS a seguito dell’accorpamento al predetto ente dell’ex INPDAP.
- Ma, visto che i giovani non avranno un futuro previdenziale, qualche politico “illuminato” (ex sindacalista) ha pensato bene, nel lontano 2006, in occasione dell’adozione del contratto di formazione specialistica, di imporre l’iniquo inquadramento previdenziale degli specializzandi nella gestione separata INPS, che si è rivelata essere estremamente svantaggiosa, per non dire inutile, per i giovani, che peraltro già contribuiscono obbligatoriamente alla Quota A dell’Enpam.
- Ed ancora, complici i principali sindacati medici, è stato fatto recentemente un blitz alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati per introdurre all’Art. 4 del Decreto Balduzzi sulla “Dirigenza Sanitarie ed il Governo Clinico” la possibilità per i dirigenti medici ospedalieri di andare in pensione, su richiesta e su proposta dell’Azienda Sanitaria, a 70 anni, invece che agli attuali 67 anni (65 anni più una proroga di due anni), previsti dalla normativa vigente. Quello che stupisce è che, piuttosto che correggere l'”anomalia” universitaria (gli ordinari e gli associati godono già della possibilità di andare in pensione a 70 anni), tale elemento venga utilizzato quale grimaldello per convincere il Legislatore per portare l’anomalia a sistema anche sul versante ospedaliero. Fortunatamente, grazie all’intervento del SIGM ed alla presa di coscienza della problematica da parte di numerosi parlamentari di tutti gli schieramenti, oltre che all’intervento della Commissione Bilancio che ha dato parere negativo in quanto l’innalzamento dell’età massima di pensionamento avrebbe comportato maggior oneri per lo Stato, tale eventualità è stata scongiurata alla Camera! Ma manca ancora il passaggio al Senato ed abbiamo contezza del fatto che i sindacati torneranno alla carica e sarà necessario pertanto vigilare e far sentire la voce dei giovani medici. Ricordiamo, infatti, come un ulteriore ritardo della fuoriuscita dal sistema dei medici in attività andrebbe esclusivamente a detrimento dei giovani, se si considera che la norma prevede espressamente che la permanenza in servizio del dirigente interessato deve avvenire senza che l’azienda aumenti il numero complessivo dei propri dirigenti.